Basket

Moraschini, il beniamino di una stagione da sogno

17.06.2019 14:25

Foto Tasco, www.newbasketbrindisi.itDi tutti i protagonisti della fantastica annata brindisina, nella quale nessuno è escluso dall’affetto dei brindisini, ce n’è stato uno che forse più di tutti ha lasciato il segno in questa città. I motivi sono tanti, e abbiamo cercato di spiegarli tutti…

L'ANNUNCIO - A sorpresa, in un caldo pomeriggio di Luglio, arrivò l’annuncio della firma a Brindisi di Riccardo Moraschini. Il suo nome legato al capoluogo pugliese non era circolato praticamente in nessun sito, il che fa capire quanto la trattativa fosse stata breve. Non si trattava della prima esperienza di Riccardo in serie A, ma nelle precedenti c’era sempre stato qualche però di troppo, qualcosa che aveva impedito l’esplosione di un ragazzo che il talento lo ha sempre avuto, ma che la sorte gli ha sempre impedito di esprimere un po’ per le circostanze e un po’ per semplice sfortuna (come l’infortunio a Trento proprio nell’imminenza dei playoff che porteranno alla finale scudetto). Non si vincono a caso né 2 scudetti nel settore giovanile della Virtus Bologna né un argento in nazionale under 20, né si esordisce per caso a 17 anni in EuroLeague.

I TRASCORSI - Fra sfortuna e scarsi minutaggi “Ricky” (come si fa simpaticamente chiamare lui stesso sui suoi canali social) decide di scendere di categoria, dove si rilancia a Mantova. Dopo la sua miglior stagione in A2 arriva la chiamata di Frank Vitucci, che gli fa capire subito che questa volta in serie A ci tornerà non per fare la comparsa, ma per essere protagonista e mostrare tutto quel che finora aveva, suo malgrado, nascosto.

L'ARRIVO - Forse neanche lo stesso Riccardo poteva pensare che sarebbe stata una delle migliori scelte, finora, in carriera. “Ricordavo gli anni precedenti in A in cui ho giocato sempre poco ed ero titubante, invece appena Frank mi ha detto che sarei stato il primo cambio degli esterni ho deciso in un attimo. E poi Brindisi è una piazza speciale, con dei tifosi straordinari.” diceva in una delle sue prime interviste alle testate locali.

LA STAGIONE - Nelle prime partite in effetti gioca in media 21’ portando sempre un contributo positivo dalla panchina, ma è solo l’inizio. Fino a quel momento il suo bilancio è buono, ma non eccezionale. La svolta arriva all’undicesima giornata, quando l’infortunio di Wes Clark lo fa promuovere in quintetto, affidandogli progressivamente anche il ruolo di nuovo playmaker con licenza di attaccare. Le maggiori responsabilità lo fanno esaltare ancora di più, e Riccardo passa di colpo da 8 a 14 punti di media a partita, e (come dettato dal nuovo ruolo) raddoppia gli assist da 1.7 a 3.4 per partita in 32’ di utilizzo. Ben 6 volte viene nominato miglior italiano della giornata e a fine stagione viene nominato miglior italiano dell’intero campionato. Nel mezzo, ritocca più volte il suo record di punti segnati e di valutazione in serie A, stabilendo un carrier High da 30 punti e 38 di valutazione nella partita in casa contro Trieste, che fra l’altro è anche la migliore in assoluto per un italiano in serie A con la maglia di Brindisi.

IL LEGAME - Le fredde cifre però non bastano a spiegare il legame che di giornata in giornata si crea con i tifosi brindisini. Brindisi è una piazza appassionata che si è abituata ad affezionarsi velocemente ai suoi beniamini per poi vederli quasi sempre andare in altri lidi dopo un solo anno, perché Brindisi diventava troppo stretta per le loro ambizioni.

Con Riccardo il tutto potrebbe essere più complicato da accettare, perché a differenza di tanti idoli passati di recente in costa adriatica, lui è anche italiano. Ed è inutile fare finta che non sia così, ma con un idolo italiano è tutto diverso: è diverso perché è più facile identificarsi in lui, è diverso perché se alza le braccia verso la curva sembra uno di loro, è diverso perché anche solo poterlo sentirlo parlare la tua lingua mentre difende i tuoi colori lo fa sentire ancora più vicino, ancora di più “uno di loro”.

IL TRICOLORE - Per una serie di circostanze, dovute sia ai regolamenti che alle esigenze economiche della squadra, a Brindisi un italiano così forte non si vedeva da tantissimo tempo, e non ci è sicuramente stato da quel 2008 di ritorno nel basket che conta, che ha portato inevitabilmente a costruire squadre forti sì, ma anche infarcite stranieri. Nulla da togliere ad un’icona del basket italiano come Nikola Radulovic (medaglia d’argento alle Olimpiadi di Atene 2004), che ha difeso i colori biancoazzurri dal 2009 al 2011 nel finale della sua gloriosa carriera; nulla da togliere nemmeno all’ultimo giocatore italiano più longevo della storia recente, quell’Andrea Zerini che è entrato inevitabilmente nel cuore dei tifosi brindisini dopo ben 5 stagioni in Puglia dal 2011 al 2016.

Impossibile andare più indietro per il semplice fatto che chi scrive non ha l’età per raccontare dell’italiano che a detta di tutti è stato il più forte mai passato da Brindisi, e non ha potuto, purtroppo, apprezzarne le gesta: parliamo, naturalmente, di Claudio “Lupetto” Malagoli; da chi quegli anni li ha vissuti sono innumerevoli i racconti che descrivono quanto era forte Lupetto, ma la frase più ricorrente è sempre la stessa: “Malagoli ne faceva 20 a partita, ma quando non esisteva il tiro da 3 punti!”.

Senza azzardare paragoni poco sensati proprio per l’enorme differenza anagrafica e del tipo di pallacanestro giocata dai due, siamo sicuri del fatto che Riccardo un posto speciale nel cuore dei brindisini lo abbia già conquistato, qualsiasi cosa succeda in estate.

L'AUGURIO - Se poi dovesse accadere quello che ognuno di noi sogna, e cioè che la favola brindisina del ragazzo di Cento non finisca qui, la pagina nuova è già pronta. E il protagonista avrebbe ora carta bianca…

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