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Basket, Avellino retrocede: Tutti i controsensi di un campionato a 17 squadre

11.07.2019 13:11

Foto Tasco

Con l’autoretrocessione di Avellino per i guai della società Sidigas, il campionato italiano che si apprestava per la prima volta ad essere ai nastri di partenza della Serie A con 18 squadre si ritrova di colpo a numero dispari, e il ripescaggio della finalista promozione dell’A2 (in questo caso Capo d’Orlando) è stato categoricamente escluso dal presidente Petrucci, che ha già fatto capire che l’intenzione è di ritornare al più presto a 16 squadre.

Sulla decisione del passaggio a 18 squadre e del repentino ripensamento si potrebbe scrivere un saggio, ma qui ci vogliamo concentrare invece sugli svantaggi, difficoltà e imbarazzi (perché non riusciamo a chiamarli diversamente) dell’imminente campionato a 17 squadre (eh no, non si tratta di scaramanzia...).

Per chi non lo sapesse, il campionato a 17 squadre prevede 32 turni nei quali si affrontano 16 squadre ed una, a rotazione, riposa nel rispettivo turno di campionato; il che di per sé rappresenta già un controsenso.

CLASSIFICA – il primo punto imbarazzante è la classifica, che con i riposi fatti o da fare non sarà praticamente mai una classifica “vera”, ma sarà sempre monca; chi si è già riposato e chi no, ogni giornata; faranno eccezione la fine del girone di andata e quello di ritorno, cioè si avrà una vera e propria classifica solo due volte all’anno. Si complicheranno ancora di più i calcoli per gli arrivi in volata.

RIPOSI INUTILI – Capiterà, inevitabilmente, che qualcuno dovrà iniziare il campionato “riposandosi” (da cosa esattamente?), come capiterà invece che qualcuno dovrà riposarsi nell’ultimissimo e decisivo turno di campionato, dove sarà costretto a guardare gli altri giocare contando solo sugli Dei del basket e non potendo essere nemmeno minimamente padrone del suo destino: è un’ulteriore componente di suspence che viene a mancare.

RIPOSI TROPPO LUNGHI – Fra le altre beffe ci sarà chi avrà il turno di riposo in corrispondenza (prima o dopo) delle finestre della nazionale, e sarà pertanto costretto a pause lunghe di ben 3 settimane, che possono capitare in un buon momento (se per esempio ci sono giocatori acciaccati da recuperare) oppure al contrario soffocare il momento di forma di una squadra che ha trovato la sua quadratura: è tutto aleatorio. E che dire infine di quelle squadre che per assurdo (ma assurdo non è) potrebbero non qualificarsi alla Final Eight di Coppa Italia ed avere anche il turno di riposo a ridosso della stessa? Si andrebbe incontro ad una pausa di un mese intero, dato che dopo il weekend di coppa c’è sempre la finestra nazionale. E’ normale per una squadra professionistica star ferma un mese senza giocare partite ufficiali? Per non parlare poi dei tifosi, che devono passare un mese senza vedere la propria squadra…questa spesso è una componente considerata secondaria, ma a rendere importante il basket sono soprattutto loro.

NUTRIRE L’ALIBI – Il risvolto forse peggiore è che i suddetti motivi possono servire sui piatti d’argento nuove opportunità di trovare una ragione in più per giustificare una o più sconfitte, costume già molto diffuso soprattutto in Italia. “Io ho giocato 4 volte contro chi si era appena riposato”; “Io ho giocato 2 volte partite decisive dopo la pausa”; “a me non è mai servito il riposo perché il turno dopo era contro Milano”…e si potrebbe continuare per ore.

Date tutte queste ragioni, non vogliamo né contribuire a cavalcare l’ultimo punto né metterci a capo di una crociata contro la Federazione Italiana Pallacanestro. Ci auguriamo piuttosto che si tratti di un purgatorio di un solo anno prima di ritornare ad un campionato a squadre pari, che siano 16 o 18, ma purché pari. Ne va della limpidezza e della godibilità del campionato. Magari, per una volta, decidere confrontandosi anche con dei rappresentanti delle squadre, che troppo spesso non vengono considerate per apportare qualsiasi tipo di cambiamento.

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