Calcio

Brindisi, Sirri: "Spareggio? É stata la partita più importante della mia carriera"

L'intervista a uno dei protagonisti della promozione in Serie C

07.06.2023 12:05

Alex Sirri non ha mai “tirato indietro la gamba”, in campo e fuori. Anche quando alla sua terra emiliana servivano braccia per spalare il fango dopo l’alluvione, non ha esitato a scendere in campo per la sua Forlimpopoli. Il difensore centrale del Brindisi aveva raggiunto una settimana prima l’inaspettata promozione in Serie C con i pugliesi, battendo la Cavese nello spareggio decisivo. Era il giorno dell’anniversario della scomparsa del suo migliore amico: «per tutta la partita era come se giocasse insieme a me». Decisivo per tutta la stagione, nel penultimo turno di campionato aveva segnato il gol che consentì l’aggancio al primo posto dei campani. Nella sua carriera c’è anche una presenza a San Siro contro il Milan, nelle semifinali di Coppa Italia 2015-2016, che videro la sua Alessandria eliminare squadre come Genoa e Spezia: «lo spareggio con la Cavese e la sfida con il Milan sono state le partite più belle della mia vita».

Cosa ti ha spinto a tornare in Emilia e che situazione hai trovato dopo l’alluvione?

«Parlando con la mia famiglia ho capito che era un po' preoccupata. Avevo amici con garage allagati e la situazione stava diventando sempre più grave quindi mi sono detto «se posso essere d’aiuto torno subito». Quel giorno avrei dovuto giocare la sfida contro il Sorrento per la poule scudetto ma, in accordo con la società, ho deciso di tornare a casa. Assieme ad un mio amico, siamo andati in una via del quartiere Romiti di Forlì e lì mi si è stretto il cuore. Era incredibile, c’erano almeno 60 cm di fango».

Come hai vissuto i momenti della promozione in Serie C con il Brindisi?

«Lo spareggio contro la Cavese è stata la partita più importante della mia carriera. Ho giocato su campi come quello di San Siro ma per ciò che ho attraversato negli ultimi anni, soprattutto a causa di alcuni infortuni, ho dato cuore e anima per vincere ed era quello che meritavo. È stato come ricevere una pacca sulla spalla da me stesso e sentirsi dire «bravo, ce l’hai fatta». Sentivo parecchio quella partita, era come una sorta di bivio. O la va o la spacca. Un anno esatto prima, il 14 maggio, era venuto a mancare il mio migliore amico. Sapevo che c’era la sua festa ma era stata rimandata per lo spareggio. Per questo era come se fosse con me mentre giocavo, mi capitava di parlare con lui in campo. È stata la vittoria più bella della mia vita».

Sei stato il primo acquisto della scorsa stagione, che obiettivi pensavate di poter raggiungere all’inizio?

«Durante il ritiro eravamo un cantiere aperto. Poi ci siamo rivelati un ottimo gruppo, eravamo una bellissima squadra e sapevamo di essere forti. All’inizio non è mai facile creare alchimia tra persone che si conoscono da poco. Con il passare del tempo abbiamo superato assieme le difficoltà e siamo diventati sempre più uniti».

Qual è stata la chiave della promozione? C’è stato un momento in cui avete capito che potevate farcela?

«Secondo me nell’ultima parte di stagione abbiamo raccolto ciò che prima, anche per sfortuna, non eravamo riusciti a raccogliere. Nessuna squadra ci ha mai messo sotto sul campo. Siamo sempre stati i padroni del gioco. Poi sicuramente la vittoria a Barletta per 4 a 1 ha fatto scattare qualcosa. Le nostre consapevolezze sono aumentate ogni giorno di più».

Che differenze hai notato tra la promozione dello scorso anno con il Cerignola e quella con il Brindisi?

«Il Brindisi come società ha fatto passi incredibili nel corso della stagione. A Cerignola si notava che il club era pronto e costruito da subito per tentare il salto di categoria. Il Brindisi invece, avendo una società giovane e molti calciatori nuovi, necessitava di tempo per organizzarsi».

Hai scritto in un post delle frasi molto belle sul tuo rapporto con la città. Cosa ti ha colpito in particolare di Brindisi?

«Si sono create fin da subito delle amicizie importanti che mi hanno fatto sentire a casa. Di questo ringrazio la città perché non è facile far sentire a proprio agio qualcuno che viene da fuori. I festeggiamenti sul lungo mare sono stati bellissimi. Percepivamo la loro voglia di stare con noi, di attenderci a notte tarda con il temporale, chapeau! In alcune partite la cornice di pubblico è stata incredibile. Era come coronare quel sogno che hai sempre avuto da bambino ma che non è facile da raggiungere».

Con l’Alessandria hai vissuto da protagonista il percorso magico in Coppa Italia nel 2016 sfidando il Milan in semifinale. Che sensazioni hai provato quel giorno?

«Ricordo benissimo quella partita. Già nel sottopassaggio sentivo una bellissima sensazione. Forse fin troppo bella perché un po' di tremolio non nego di averlo avuto ma è stato un momento super. Ero giovane come anni di carriera. Non avevo ancora vinto niente ed arrivare in un anno a quel livello è stato un salto importante».

Questo sport è bello perché si vivono queste emozioni. Ricordi un giocatore che ti aveva particolarmente colpito nella competizione?

«I due giocatori che mi hanno impressionato maggiormente sono stati Kucka del Milan per la forza incredibile che aveva e Perotti del Genoa per la tecnica».

In campo con il Milan c’era anche Balotelli.

«Si vedeva che aveva mezzi straordinari però credo che sul campo ti rendi maggiormente conto di abilità come quelle che avevano i giocatori di cui ho parlato prima. Mi sono rimaste molto impresse le loro nell’arco delle partite».

Dal marzo 2022 sei ufficialmente un mental coach. Cosa ti ha spinto a prendere questa strada?

«Ho affrontato questo percorso per una scelta personale dopo aver affrontato da solo alcune difficoltà. Ho pensato che sarebbe stato utile leggere e capire come migliorarsi e aiutarsi. Con il tempo ho raggiunto un grado di consapevolezza più alto della materia e mi sono appassionato sempre di più. Se posso aiutare un’altra persona che è in difficoltà perché non farlo».

Credi che possa essere questo il tuo futuro professionale dopo il calcio?

«Questo non lo so. Sicuramente è una cosa che mi appassiona ma bisogna continuare a studiare. Se un giorno dovessi capire che non riesco più a seguire questa strada, la cambierò tranquillamente».

Intervista a cura di Pasquale Febbraro

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