"Alex, sei la mia fonte d'ispirazione", la toccante lettera di un giovane brindisino a Sirri.

25.05.2023 15:02

“Il calcio è fatto da 22 uomini che rincorrono una palla”. E’ innegabile dire che il calcio è proprio questo, uomini che rincorrono un pallone. Proprio grazie alla sua semplicità il calcio, dal 26 ottobre 1863 ad oggi, è diventato un fenomeno sociale endemico, forse il più sano. Il calcio però è anche formato da esseri umani, non solo quelli in campo, ed è per questo che da sport si eleva a fatto umano in quanto capace di unire e connettere popoli, persone e culture diverse. A 18 anni il mondo fa paura, forse ancor più di quanto faccia paura a 40 anni, quando hai un mutuo sulle spalle ed una famiglia da mantenere. Ma a 18 anni il mondo puoi riuscire a sintetizzarlo idealmente in 90 minuti di sport, 90 minuti di cori, 90 minuti di ansie. Novanta minuti in cui 22 uomini corrono dietro un pallone, dimenticando per un attimo tutti i tuoi problemi. Questo quanto fatto da Luca (nome di fantasia) un giovane brindisino diciottenne per un’intera stagione. Oltre a sintetizzare il mondo in 90 minuti è riuscito a fare la stessa cosa con i suoi sentimenti, mettendoli nero su bianco su carta. Carta che è servita a formare una lettera strappalacrime, che Luca ha inviato al suo idolo, a chi grazie alle sue giocate, una volta a settimana e per 90 minuti, gli faceva dimenticare tutto ciò che lo circondava, Alex Sirri. «Ciao Alex, questo è stato un anno ricco di emozioni per noi brindisini – scrive Luca – ma soprattutto per me. Mi sono appassionato al Brindisi calcio ma in particolare tu sei diventato il mio idolo, una fonte d’ispirazione, diciamo quasi un mentore anche se non ci siamo mai parlati. La prima volta che ti ho visto è stato in occasione di Brindisi Bitonto, dell’11 settembre scorso. Venni certo che non avrei visto chissà quale grande spettacolo, ma mio padre mi convinse lo stesso ad andare, anche solo per fargli compagnia. Appena siete entrati in campo per il riscaldamento pre partita chiesi subito a mio padre chi tu fossi. Appena ti vidi giocare, con la cattiveria agonistica che ti contraddistingue, mi infondesti subito fiducia. Da quel giorno con mio padre non faccio altro che parlare di te, anche quando magari si parla d’altro. Ti ho voluto scrivere queste parole, che magari per te non significheranno molto, perché per me hanno un valore immenso. Essendo io molto timido, tutte le volte che ti ho incontrato, non sono riuscito a dirti a voce ciò che avrei voluto realmente dirti, ecco perché ho scritto questa lettera. Oggi 17 maggio, mentre festeggi insieme a noi la promozione in C che mancava da 33 anni sei riuscito a regalarmi l’ennesima gioia. Ho aspettato andassero via tutti per chiederti un semplice abbraccio, che tu mi hai dato da grande uomo quale sei. Quell’abbraccio per me, anche se è durato pochi secondi, ha significato molto: è come se attraverso quell’abbraccio io ti volessi dire tutto ciò che non sono mai riuscito a dirti a parole. Guardando il Brindisi e te giocare, pur avendo 18 anni, torno bambino. Grazie per la tua disponibilità». Da episodi come questo ci si rende conto della grandiosità del calcio. La grandiosità di chi, rincorrendo uno stupido pallone, cambia la vita di una persona e non per soli 90 minuti. 

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